Figure in movimento.

figure

Lettere, zampette di pulce che saltellano sulla pagina stampando l’orma, parole frasi, pulcino d’aquila mentre cresce il piumaggio e attende il volo, la forma di un sogno, il nome segreto, s’inizia con la metafora, una lingua acuta e penetrante s’insinua nella bocca e si mette a slinguare, una lingua di fuoco, arde di passione, la sensazione onirica per il momento non decifrabile di una lingua inglese, metafora di parole, un linguaggio. Scoccare di spade nella scherma, slinguata feroce, stoccate affondi piattonate touché contro touché, il sangue comincia a scorrere, nettare inebriante, pioggia d’oro vermiglio che infuria nel fuoco, di più, climax verso le stelle…

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Nella stanza del supernegro, insomma è il mio cazzo, non il mio qui che sono solo parole, dovrebbe stare tra le gambe di quello che scrive nella realtà di fronte alla pagina magari bello duro in attesa di…altri sogni? Bella stronzata, un sogno alla volta, lavoriamo su questo.

Il nero dimostra sui quarant’anni, il viso affilato dagli occhi aguzzi e penetranti, di fronte allo specchio dovrei vederli azzurri come sono abituato, invece sono neri e luccicanti che paiono pieni di stelle. La musica di Woo Doo child riprende a suonare, le stelle piovono dal soffitto, sono note liquide, ognuna nasconde un amo innescato da una lettera tentatrice, le lettere scorrono sul foglio, il mio cazzo, il senso di sporco, il peccato, il divieto, la negazione del corpo, l’entrata nel sogno, la porta alle spalle si allontana, nel labirinto il filo della creatività gira e rigira tra corridoi oscuri e strade che portano da nessuna parte, indietro il ritorno alla realtà…

Piedi nudi in ciabatte dai disegni arabescati ed il tessuto sdrucito e deformato dall’uso, jeans aderenti strappati in più punti tesi sui muscoli, camicione bianco impiastricciato di colori a olio e macchie di trementina, forato in più punti dalle caccole delle canne cadute, il pennello in mano puntato alla tela bianca, si dice vergine, metafora pennello cazzo su come sfondarla, violenza e dolcezza convivono male allacciati, rancore, gli occhi si infiammano verso la tela che s’arrossa, bestemmia poi gli prende un raptus ed inizia a ballare saltando sulle lunghe gambe e scuotendo la testa, si riprende e ripunta il pennello alla tela, scene di caccia nudi rincorrendo le bufale nella giungla, il leone e la tigre saltando insieme, si avventano al collo, squarci, un’inondazione di sangue, bramosia, denti che affondano, una lunga rullata, miliaia milioni miliardi di tam tam battuti con fragore rimbombano nel silenzio del sogno.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Molleggiando con le gambe al ritmo della musica ripunta il pennello, chiude un occhio per prendere la mira, fa per fare un segno sulla tela poi sbuffando esclama: “Niente da fare, stasera non c’è!” e butta il pennello sul tavolo.

Mi guarda con occhi languidi e mi pizzica con due dita una guancia mascherando una carezza.

Nel doppio quello di me che pensa dice: “È il tuo cazzo, sono solo parole, dacci dentro.”

Non lo ascolto e quello di me che parla ribatte al supernegro: “Che ti metti a fare il ricchione adesso? Dammi un centone che me ne vado, ho fretta.”

“Quale fretta…” continua lui, “adesso non ne ho, sto aspettando che me lo portino, saranno qui tra un po’.”

Nel mentre la musica di Hendrix tace, nel silenzio va verso la stufetta e con un cucchiaio mestola nella pentola, assaggia, chiude gli occhi per assaporare il gusto poi li riapre e dice riprendendo a mestolare: “La solita brodaglia…va be’… vuoi cenare con me?”

“Che stai preparando?”

“Cus cus, la carne era un po’ andata ma si può ancora mangiare, ho messo tanto pepe.”

“Fossi matto, ho già cenato, quanto c’è da aspettare?”

Posa il mestolo nella pentola e dice: “Meglio farlo cuocere ancora un po’…” mi guarda e risponde: “Dovrebbero essere già qui, stanno tardando ma vedrai che vengono.” Va verso la libreria, prende il sassofono e continua: “Dai, mettiti alla chitarra, suoniamo.” Al centro della stanza sotto la lampadina addenta il bocchino ed inizia a suonare Summertime.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         L’attacco, nella scena ho la chitarra in mano, per un po’ strimpello a caso accompagnandolo poi la mano si scioglie e le dita se ne vanno per conto loro sulla tastiera duettando col sassofono, lasciamo il motivo e ce ne andiamo ognuno per conto proprio in una fuga, qualche fiammata s’accende qua e là, il sassofono s’allunga in una flessuosa donna dalla pelle d’oro, le labbra alla figa, stringe i denti ed allunga i colpi di lingua sull’ancia del clitoride, gemiti metallici eccitati goduti addolciti dalle vibrazioni, il manico della chitarra sta gonfiando, un lungo cazzone con corde di carne, chiudo gli occhi per non guardare quel che fanno le dita e mollo le briglie, quelle si lanciano imbufalite, “mi sto facendo una sega come al solito” sussurra il me che pensa, senza ascoltare continuo a suonare, non escono suoni, sono ruggiti nella giungla feroce, strilli d’aquila sopra le nuvole che sfidano il vento in picchiata un tuffo nell’oceano profondo scivolando sui dorsi di pesci luccicanti e poi riemergo tra gli strilli eccitati del sassofono figa prossimo all’orgasmo.

In quel momento suonano alla porta, nella realtà si sente un drin corto ed uno lungo, nel sogno le trombe del giudizio che sgolano sulle tombe della geenna…

Nei sogni gli sdoppiamenti sono frequenti, in una partitura musicale seguono le regole del contrappunto, qui si vede il supernegro andare ad aprire saltellando al ritmo della musica, aprendo la porta si aprono le porte della geenna ed escono le ossa ululando lugubri, nella pagina entrano due formose negre molto graziose alte e slanciate con minigonne vertiginose e body semitrasparente teso dai tettoni i cui capezzoli gonfi sembrano proiettili di cannone puntati per sfondare. Sono piene di verve, strillano eccitate dando vistose pacche sulle spalle del supernegro, si vede chiaramente che sono puttane, dopo un po’ siamo a tavola col cus cus pepato che fuma nei piatti mentre l’intenzione resta in bilico tra i due sogni non dimenticando che ad essere morto è solo il nome.

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Caccia al tesoro continua nel prossimo post: “Calimero.”

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